Nell’occasione del World Economic Forum di Davos, i ricchi e i potenti della Terra smussano le loro differenze e le loro divergenze di interessi, facendo rete, lontano dagli occhi indiscreti della maggioranza dei cittadini del mondo. A Davos, insomma, per 4 giorni, ha luogo un’innumerevole quantità di incontri, conferenze, panel e talk, su argomenti di rilevanza per l’economia, la finanza e, appunto, il mercato.
La partecipazione a questo fondamentale momento, oltre ad essere esclusiva e riservata agli invitati - stando a quanto riportato da un video della BBC del 21 gennaio 2019 - è decisamente elitaria, legata com’è ad un gettone di partecipazione che si aggira intorno ai 28.000 dollari.
In quale contesto storico si è avvertita la necessità di costruire un simposio in cui coinvolgere tutti questi uomini di potere?
Siamo negli anni ’70 e in Vaticano si è da poco insediato Giovanni Paolo II. In Cile, il Presidente Allende muore nel disperato tentativo di difendere lo Stato di diritto dal tradimento del Generale Pinochet. L’Organizzazione dei Paesi esportatori di petrolio (Opec) scatena una pesante crisi energetica, innalzando il prezzo del petrolio, in seguito a forti instabilità in Medio Oriente.
Gli Usa interrompono la possibilità di convertibilità della moneta in oro e Nixon si dimette da Presidente degli Stati Uniti, per evitare l’impeachment a seguito dello scandalo Watergate.
In Europa, Margaret Thatcher viene nominata Primo ministro del Regno Unito, mentre in Unione Sovietica, a Kruscev, segue la Troika composta da Breznev, Kosygin, Podgornyj. Mentre, tra i cittadini l’eroina comincia ad insinuarsi nella società.
Ma come si giunge a queste condizioni politico-economiche? La seconda guerra mondiale aveva prodotto un antagonismo così radicale tra Patto Atlantico e Blocco Sovietico tale da condizionare fortemente le Politiche nazionali degli Stati coinvolti.
La Politica in generale era ormai la prosecuzione della Guerra globale con altri mezzi, parafrasando Karl von Clausewitz - generale, scrittore e teorico militare prussiano.
Gli anni ‘70 hanno vissuto grandi introduzioni tecnologiche e grandi riorganizzazioni degli apparati industriali, tanto che il Toyotismo cominciò a sostituire in Europa e negli States il Fordismo, metodo di organizzazione della produzione sino ad allora.
Questi due modelli di produzione, in cosa si sostanziano? Il Fordismo basava la sua diffusione a livello industriale su due fattori principali: produzione massale e lavoro come fattore principale di produttività.
Attraverso l’approvvigionamento in grandi quantità, migliorando e standardizzando le mansioni, specializzando quindi il lavoro, veniva aumentata la produzione.
Proprio la sovrabbondanza derivante creò un duplice problema: vendere tutto il prodotto prima dell’obsolescenza e ridurre i tempi di giacenza in magazzino.
A queste criticità rispose il Toyotismo, che si pone da un punto di vista sistemico, proprio per risolvere il problema del prodotto in eccesso: l’ottimizzazione dei processi e delle singole fasi di ciascun processo incrementa la produttività generale. Per fare ciò, serve cercare di produrre solo ciò che il cliente richiede, immaginando insomma un populismo mercantile.
Ma intervenne, intanto, un altro elemento: l'avanzamento tecnologico. Questo generò importanti risultati, tale da permettere a Intel di produrre il primo microprocessore della storia. Si diffuse poi il compact disk, grazie al settore ricerca e sviluppo di Sony e Phillips, e la presentazione del primo telefono cellulare da parte di Motorola. Nello Spazio, poi, orbitavano Voyager 1 e 2, mentre si avviavano le ricerche sul suolo lunare. Ma la vera rivoluzione furono i nuovi Boeing 747, il potenziamento delle tratte aeree determinò, infatti, una significativa svolta per il consolidamento della globalizzazione dei mercati.
Insomma, negli anni della creazione e messa in pratica del primo Manifesto di Davos, il mondo viveva momenti di forti scontri e significativi cambiamenti. Le due superpotenze concorrevano su tutti i fronti, l’economia conosceva due direttive negli scambi, le organizzazioni internazionali di alcuni mezzi di produzione facevano sentire il loro peso. Pure la società conosceva momenti di tensione e di lotta per la libertà, oltre a sostanze che l’avrebbero falcidiata.
Il contesto, in poche parole, suggeriva a chi deteneva moneta e potere un cambio di passo rispetto al passato, ad una convergenza più stringente nei settori trainanti e più remunerativi, per imporre un’organizzazione ben precisa della società, del lavoro e dell’economia, a più livelli.