Quando ti becchi il covid all’inizio delle ferie, uno dei lati positivi è che puoi finalmente trovare il tempo per dedicarti a una delle tue passioni. Perché qualcosa di buono da ‘sti giorni di clausura dovrà pur uscirne.
La lettura per me.
E riprendi a leggere ciò che hai iniziato e abbandonato sul comodino.
È successo così che mi sono innamorata di un romanzo scritto nei controversi anni ‘50.
Di Patrick Dennis non sapevo assolutamente nulla e quel titolo è comparso tra una chiacchierata e l’altra davanti a una birra con gente a caso.
La storia di un orfano, il piccolo Patrick, e della sua iconica Zia parte lenta dal punto di vista ritmico per poi velocizzarsi sempre più. Questo tratto rispecchia la crescita del più giovane fra i due protagonisti quasi a sottolineare la pacatezza che contraddistingue l’infanzia e la frenesia che irrompe con la giovinezza.
A metà del libro è accaduto qualcosa di inspiegabile: ho iniziato a divorare le pagine con avidità, tra una risata per l’ironia pungente e una riflessione per le verità della vita.
[smetti di leggere se non vuoi possibili spoiler]
E proprio sul finire mi sono resa conto che la storia non era un’autobiografia ma una storia inventata. Non per questo l’ho amata meno.
L’autore scrive sotto pseudonimo e non è l’unico che ha usato nel corso della sua carriera. Consiglio di informarsi su questo genio del secolo scorso: ci si appassionerà anche a lui.